QUANDO I MONTI NON AVEVANO ANCORA ALZATO LA TESTA
Mi sono fermato a toccare un monte
– sfioralo con le ciglia e si sentirà accarezzato, abbraccia un pino e ti svelerà i segreti della terra –
mi sono fermato a toccare un monte e sulle dita ho ricordato
-ero ancora un feto, le pietre suonavano la sinfonia dell’esistenza, uno spartito di perfezione scritto nelle molecole
ho toccato un monte e mi sono fermato a ricordare tempi in cui non si contava il tempo
-profondo è il canto del lungo giorno in cui questi dei hanno alzato la testa, si mischia al suono del silenzio, versi di dinosauri disperati e grida di Re mai esistiti –
un monte si è fermato a toccarmi e ha ricordato
-superbo Re incoronato di nuvole, per scettro un pino antico e un ermellino di neve, Tofane, Nuvolau, Croda da Lago, Cristallo, Pomagnanon Sorapiss, ecco tracciati i confini dell’utero –
un pallido monte ha ricordato e si è vergognato
-un tempo qui aveva vinto l’acqua, schiacciato dal calcagno del mare il monte sconfitto spasimava per il cielo, le vittorie arriveranno dopo, molto dopo –
in questa enrosadira di vergogna c’è tutta la verità perfetta del ricordo
da questa valle uterina non vorrei mai essere partorito.
WHEN THE MOUNTAINS HAD NOT RAISED THEIR HEADS YET.
I stopped to touch a mountain
– Brush it with your eyelashes and it will feel caressed, hug a pine tree and it will reveal to you the secrets of the earth –
I stopped to touch a mountain and on my fingers I remembered.
-I was still a fetus, the stones played the symphony of existence, a score of perfection written in molecules
I touched a mountain and stopped to remember times when the time was not counted
deep is the song of the long day when these gods raised their heads, mingled with the sound of silence, verses of desperate dinosaurs, and cries of kings who never existed –
a mountain stopped to touch me and remembered.
-superb King crowned with clouds, for scepter an ancient pine and a snow ermine, Tofane, Nuvolau, Croda da Lago, Cristallo, Pomagnanon, Sorapiss, here traced the boundaries of the womb –
a pale mountain remembered and was ashamed.
-once here the water won, crushed by the heel of the sea the defeated mountain spasmed for the sky, victories will come later, much later –
in this enrosadira of shame is all the perfect truth of remembrance
From this uterine valley, I would never want to be delivered
ANCONA
Adagiata su un gomito
Stamira osserva il golfo –
duemila e quattrocento anni di parole brillano sull’acqua
onde come pagine di una lunga storia
– all’inizio la raccontavano in greco, poi il mare ha mischiato tutto
è un curioso libro, l’Adriatico
ogni giorno ha nuove storie
eppure è sempre la stessa
Italo
Ho incontrato Italo Bolano
– non so se me lo ha chiesto ma io devo scrivergli una poesia
Ho incontrato il Maestro Bolano
– Ci sono anime che non se ne vanno, fecondano di un eterno apparente luoghi, oggetti, incontri
Ci sono anime che diventano genius loci
Ho incontrato Italo, all’Elba
– non l’ho incontrato nel suo corpo di carne, l’ho incontrato una sera, tre anni dopo la sua morte
– Pini come sguardi verso il cielo, le ceramiche danno senso alla terra
Tre anni dopo la morte di uno che non è morto
– c’era tanto amore in quel giardino, parentesi d’arte nell’identità selvaggia dell’isola, dire Italo è dire anche Alessandra
ho incontrato Italo Bolano fra versi dedicati alla sua isola
– lui è sostanza della melodia elbana, persino le zanzare si univano al canto
ho incontrato Italo e ora gli dò del tu con la meraviglia di chi si perde nel suo gesto unico ed eterno
Milan Kundera è morto, ecco i libri per conoscerlo

Milan Kundera chi è
Se n’è andato uno degli scrittori più straordinari dei nostri tempi e io non l’ho conosciuto, ma come ogni vero artista, in realtà, non se ne va veramente e quindi sia io che voi possiamo continuare a visitarlo nelle sue parole, che ha seminato in molti libri.
Milan Kundera nacque nel 1929 a Brno, oggi in Repubblica Ceca, allora Cecoslovacchia e studiò a Praga letteratura e musica. Scrisse sin da adolescente poesie, iscritto non conformista al partito comunista, da cui venne espulso varie volte, nel 1968 appoggiò la primavera di Praga, perdendo il posto da insegnante.
Dal 1975 Kundera ha aperto il periodo francese, chiudendo i ponti con la sua madre patria: nel 1979 gli venne tolta la cittadinanza cecoslovacca e dal 1981 ebbe quella francese, mentre le sue opere vennero bandite nella Cecoslovacchia comunista. I suoi ultimi romanzi li ha scritti direttamente in lingua francese senza consentire la traduzione in ceco. Uno scrittore ceco che la vita ha strappato dalla madre patria, la sofferenza trasuda dalle sue parole.
Quali libri leggere
Il capolavoro di Milan Kundera è senza dubbio “l’insostenibile leggerezza dell’essere“, che racconta storie di artisti e degli intellettuali cecoslovacchi fra la Primavera di Praga e l’invasione del Patto di Varsavia e colpisce la lucidità con cui descrive dinamiche poliamorose piuttosto insolite nel 1982, anno in cui è stato scritto il romanzo.

Straordinario anche La vita è altrove, dove lo scrittore e il poeta, il conformista e l’anticonformista si confrontano in maniera spietata nella figura del protagonista

Il libro del riso e dell’oblio è il testo che è costato a Kundera la definitiva rottura con la madre patria, narrando la lotta dell’uomo contro il potere, l’umanità e le sue dinamiche sono sempre al centro della scrittura di Kundera.

Profondissimo anche L’immortalità, dove pulsa un’umanità che lascia traccia.

Non si trovano in italiano le raccolte di poesie, si spera che presto possano tornare disponibili.

Sono stato all’accademia del bello
acquerello di misteri e opposti
avamposti di una conoscenza antica
c’è l’aura di un’anima amica
Sono stato all’accademia
omonimia e frequenza comune
nella memoria odore di pane
Sono stato all’accademia da Paolo
angolo dove il tempo si è fermato
un baronato aleggia mediterraneo
chi ama il bello non si sente estraneo
Sono sempre stato in questo palazzo
dal terrazzo vedo Napoleone
e un galeone e pirati e condottieri
fieri capitani di regni mai esistiti
fra i monti tacciono i cenobiti
Sono anche io l’accademia del bello
mi sento fratello di chiunque la ami
legami di estetica e spirito
questo luogo appartiene al mito
Che cos è la poesia? Forse è più interessante capire perché ci interessa saperlo.

Che cos è la poesia?
Dare una definizione di poesia è molto complesso, perché definire le cose significa confinarle in una dimensione di razionalità. E la poesia rifugge questa prigionia e si stende verso le più misteriose dimensioni dell’umanità. Ogni epoca storica ha provato a capire cosa stessero facendo i poeti, ma se ci è riuscita non è grazie alla razionalità, ma grazie alla capacità di mettersi all’ascolto delle parole dei poeti, che hanno messo in discussione le parole stesse e hanno teso una mano che conduce direttamente nel cuore del mistero.
Allora forse più che definire la poesia con categorie razionali è interessante cercare di capire perché ogni epoca storica e ogni civiltà si è interessata di poesia e perché ancora oggi ci domandiamo cosa sia la poesia.
Perché ci interessa la poesia?
Perché ci interessa la poesia? La poesia ci interessa essenzialmente perché ci salva in modo gratuito e molto efficace. Ci salva da noi stessi, dall’illusione di possedere il mondo e anche dall’illusione di esistere. La poesia è la maestra che ci spiega che siamo parte di un cosmo complesso senza il quale non esisteremmo – un quadro è anche la sua cornice – non per nulla tutti i grandi poeti si sono occupati di ciò che noi chiamiamo “natura”. La poesia usa le parole per dare voce all’anima, quella parte più profonda di noi che sta silente mentre tutto il resto parla. La poesia è la voce del silenzio. La poesia è ciò che ci mette di fronte semplicemente alla verità. E costruisce ponti fra noi e gli altri, fra qui e altrove, fra la realtà e il mistero.
Il mondo potrà fare a meno di molte cose, ma non potrà mai fare a meno della poesia.
definizione di poesia: un tentativo

Definizione di poesia: ha senso darla?
Una mente razionale non fa altro che cercare etichette da appiccicare sulle cose, quindi è normale che la nostra mente cerchi di definire anche cosa sia la poesia. Ma la poesia non ha una grande passione a farsi definire, sfugge come un pesce fra le pietre scivolose di un fiume in piena. Ogni epoca storica ha dato una diversa definizione dell’arte poetica, ogni lingua la definisce con parole diverse ed è molto interessante anche indagare perché ci interessa la poesia. La verità è che chi ha avuto il dono di essere toccato dal dono della poesia se ne infischia di cosa dice la mente di questa dimensione misteriosa. Chi fa poesia sa di cosa sta parlando, chi vorrebbe farla si trova anche nella condizione di doverla definire.
Chiarito questo si possono dare alcuni elementi, alcuni punti cardinali per orientarsi in questa dimensione indefinibile.
Alcuni possibili elementi
La poesia mette al centro la parola. Questa è forse l’unica vera certezza quando si parla di poesia. Che sia detta, scritta o cantata, in qualunque lingua venga confezionata, il protagonista indiscusso della poesia è la parola.
Se prendiamo la sua etimologia greca però non è una semplice e casuale parola, ma una parola capace di creare, una parola in grado di mettere in discussione la staticità del significato stesso delle parole.
E poi è parola che si fa ponte, ponte fra umani, ponte fra il cielo e la terra, ponte fra la realtà e l’immaginazione, ponte fra le mille schegge di verità precipitate sulla terra all’esplosione originale.
Infine è parola che salva. Chi ha conosciuto la poesia l’ha fatto nel contesto di un processo di salvazione profondo, che può essere mistico o sociale ma che riguarda ciò che realmente conta, cioè la verità di noi e del cosmo.
Con questi quattro punti cardinali chiunque può viaggiare attraverso qualunque definizione di poesia e capire se e quanto corrisponda a verità.
Cos’è la poesia? Mi faccio questa domanda da anni e forse ho trovato una risposta.

Cos’è la poesia? Una domanda antica come gli umani
Per quanto indietro vada la memoria degli esseri umani si incontra poesia. Facevano poesia i nostri nonni, gli uomini rinascimentali, medievali, romani e greci, facevano poesia le civiltà antiche e forse già gli ominidi capaci di parlare. Per quanto si spazi nel globo terracqueo ogni civiltà fa poesia. Dal momento in cui l’essere umano ha iniziato a parlare ha iniziato anche a fare poesia.
E nel momento in cui si è ritrovato a farla ha cercato anche di capire in senso razionale cosa stesse facendo. E questo è più complesso. Certo, si può sempre dare una definizione più o meno razionale di cosa sia poesia. Ma ciò che chiamiamo poesia è un’attività che si stende su dimensioni dell’umano che la ragione fatica a comprendere. Ecco perché ogni era ha in realtà una diversa visione e quindi una diversa definizione di poesia.
Per gli uomini antichi poesia era suono che conteneva memoria di ere mai esistite, come quei canti da cui ha attinto Omero per l’Iliade e l’Odissea, con rigide metriche e melodie di accompagnamento a cui appigliarsi per ricordare.
Per molti secoli, nell’era di Gutenberg, la poesia consisteva prevalentemente in parole imprigionate nei fogli di carta di libri che circolavano attraverso gli occhi, nuove forme, nuova concezione di poesia, con la musica che prende altre strade e la metrica che lentamente perde il proprio significato.
E oggi?
Oggi la domanda “cos’è la poesia” non smette di pulsare, ma lo fa in un mondo profondamente cambiato. I libri, dove la poesia era rimasta confinata per secoli, sono oramai strumenti di nicchia, tutti i costrutti mentali e sensoriali dell’era di Gutenberg sono decaduti o stanno finendo di decadere. Quindi siamo in una fase di profonda ridefinizione della poesia. Questo significa che non possiamo continuare a definire cosa sia la poesia pensando ai nostri nonni, a metriche antiche o a parole scritte semplicemente sulla carta, serve una riflessione profonda che connetta la consapevolezza di questa antica arte con questo presente tecnologico e in perpetuo movimento. La risposta quindi non si nasconde fra la razionalità delle parole. Forse bisognerebbe piuttosto chiedersi perché ci interessa la poesia.
un’opera di Paolo Gambi è stata pubblicata come copertina sulla rivista The Los Angeles Press.

La rivista californiana “The Los Angeles Press”, ha scelto un calligramma del poeta Paolo Gambi come copertina del suo primo numero del 2023. L’opera di Gambi scelta da The Los Angeles Press si intitola “Cattolicesimo dionisiaco” ed è una poesia visiva bilingue (in italiano e inglese) scritta su carta e poi trasportata in formato digitale e rimaneggiata, che divide le tre strofe in tre cerchi, al centro dei quali ci sono tre diversi QR code che rimandano a pagine web dove le singole strofe sono declamate in italiano e in inglese. Il colore dello sfondo rimanda a uno dei colori delle tessere del mosaico che ritraggono il prato paradisiaco nell’abside Sant’Apollinare in Classe a Ravenna.

L’antica tradizione dei calligrammi, che ha ritrovato vita in epoche recenti all’inizio del XX secolo, in particolare grazie ad Apollinaire, e in Italia negli anni “60, si trova ora di fronte alla grande sfida della relazione con la dimensione digitale e con il metaverso. Quest’opera porta la tradizione della poesia visiva nella plurimensionalità contemporanea, stendendo la poesia tra la realtà e il metaverso, tra la madrelingua italiana e la lingua del mondo contemporaneo, l’inglese.
Paolo Gambi da anni segue una ricerca artistica che porti “poesia dappertutto”, come recita il suo motto, dalla street art alla bodypainting poetry, con un’opera esposta durante l’ultimo Fuorisalone a Milano. Gambi è stato uno dei primi al mondo a portare poesia visiva nei circuiti degli NFT. Una di queste sue opere è stata scelta da un progetto dell’Università di Stanford. Creare ponti fra le dimensioni e ibridare l’inaspettato con la poesia appartiene insomma alla sua ricerca artistica.
Il testo della poesia in italiano
Cattolicesimo dionisiaco
Che cos’è la vita?
un orgasmo interrotto
da virgole, punti e matrimoni
pensieri, emozioni e ambizioni.
Che cos’è la morte?
un orgasmo finale
temuto, atteso, tradito,
pensato, subìto, accolto.
Che cos’è il paradiso?
un orgasmo eterno
di vita che vive infinita
in pace, silenzio e luce.
Alluvione in Romagna

Non potevo stare zitto durante questi giorni di alluvione in Romagna, circondato dalle acque. Sono usciti alcuni video.
Durante la prima acqua dell’alluvione in Romagna
La Romagna, la mia Romagna è sott’acqua ragazzi, ma la Romagna non molla, non ha mai mollato e non mollerà mai, devono proprio ammazzarci tutti per farci mollare, e invece si rialzerà, anzi si asciugherà e con i capelli ancora bagnati dirà “tutto qui?”, mandateci pur giù tutta l’acqua che volete, fate delle strade fiumi e noi viaggeremo in canoa, inondateci le case e noi trasformeremo Rimini in Venezia, i romagnoli non hanno paura di niente, certo i vecchi lo dicevano che il vino fa cantare e l’acqua fa male, il vino tutto questo non lo avrebbe mai fatto, ma adesso bisogna rimboccarsi le maniche e ricostruire, non sarà facile ma lo faremo tutti insieme, però per favore ricostruiamo partendo dal buon senso e dalla verità più terra a terra e cioè che quello che è successo è successo anche perché qualcuno ha delle colpe e non dite che è colpa delle nutrie, nutrie espiatorie – quei fiumi sono stati troppo a lungo bistrattati, la natura non si fa tenere per le briglia con due dita, servono tutte le mani – ma ora ripartiamo e per favore ripartiamo bene, serve la realtà pragmatica e vera in cui siamo maestri, e se adesso la soluzione diventa costruire fabbriche di auto elettriche e piantagioni di soia per fare il tofu e salvare così la terra dal global warming, mi spiace, non caviamo un ragno da un buco, se vogliamo che i fiumi non esondino servono geologi, agronomi, forestali, ingegneri, mani, mezzi,+ nuovi argini, soldi, tanti soldi e soprattutto delle menti funzionanti, uno storico ravennate dell’”800 racconta di come un vescovo di Ravenna “accorse nel novembre 1695 alle mura della città, minacciate dalle acque del Ronco, e crebbe con la sua presenza l’energia degli operai in modo che per la sollecitudine dei lavori si pervenne a salvarla dall’inondazione”, ecco questa volta non c’erano vescovi sugli argini, e probabilmente è meglio così, ma una voce forte che ci dica di andare avanti serve, io intanto ci metto il mio soffio “teniamo botta, valà”.
Contro gli ideologi da salotto
Parole, servono sempre le parole giuste e le parole scrivono e riscrivono nuove e vecchie verità, come ora in cui di fronte alla calamità naturale dell’alluvione della mia Romagna sento parlare di “crisi climatica”, “emergenza climatica”, ma cosa vuol dire, il clima è sempre stato un’emergenza, o sai adattarti o vieni spazzato via, come questa volta, le alluvioni ci sono sempre state, ben prima delle industrie, come quelle del “900 in Polesine, a Firenze, varie volte in Calabria, l’elenco è lungo, nel 1861 ci fu un tornado in Sicilia, e un uragano nel 1902, con centinaia di morti, nel 1557 un’alluvione uccise oltre 7000 palermitani, ad alcuni può sembrare triste dirlo, ma non lo è, noi siamo e saremo sempre in balia della natura, e invece ecco lì, risolviamo le alluvioni tirando vernice sui monumenti occidentali – mica in Cina, dove si produce un terzo della CO2 globale – e intanto le città continueranno ad andare sott’acqua mentre qualche grande capitalista si arricchisce con questa nuova ideologia, l’equilibrio con la natura lo può capire solo chi con la natura ci vive, ci convive, ci fa l’amore, per pensare a un futuro migliore servono artisti e poeti che amano, non ideologi arrabbiati che odiano, torniamo ad accarezzare i fiumi, a domarli con intelligenza e soprattutto a prenderci cura di loro perché questa non sarà l’ultma volta in cui dovremo inghiottire tutta quell’acqua e non chiamiamola crisi climatica, l’unico risultato è avere una generazione di ragazzini smarriti e arrabbiati, questo è semplicemente il clima, che come sempre fa quello che gli pare, come gli pare senza chiedere il permesso a nessuno, noi possiamo al massimo essere abbastanza furbi da adattarci, di certo da inquinare di meno, ma adesso basta non è il momento di quelli come me che parlano, nè di quelli che tirano vernice, adesso servono tanti eroi che si armino di pale e tanta buona volontà.