Intelligenza artificiale e poesia: possono le macchine sostituire gli uomini?
L’intelligenza artificiale può produrre arte?
Tutti parlano di intelligenza artificiale oramai. Ho già scritto un libro per introdurre i “beginners” all’IA. Con tutti i suoi pro e contro l’IA solleva insieme possibilità e dubbi. Uno di questi è legato all’arte. Alcune applicazioni recentemente uscite riescono a produrre arte visiva con pochi click. I risultati iniziano ad essere incoraggianti. Ma la domanda che questi successi pongono è: può o potrà mai l’intelligenza artificiale produrre arte?
La mia personale risposta è: no. E ora vi spiego il perché.
Cos’è arte?
Il vero problema è che oggi si fatica a dare una definizione univoca di arte. L’arte contemporanea ha perso la capacità di definirsi, se non per autoidentificazione, qualcosa come “è arte ciò che compare nei circuiti dell’arte contemporanea, non importa con quale contenuto o forma”. Un po’ come quelle persone woke che alla domanda “cos’è una donna?” rispondono “chiunque si identifichi in una donna”. Sì, ma una donna cos’è?
Ecco con l’arte accade la stessa cosa. Per cui, per evitare questioni spinose, mi sposto sulla poesia, la prima delle arti. Dove è ancora più complesso tracciare dei confini, se non quelli che ruotano intorno alla presenza della parola. Perché ci sia poesia serve parola. Qualunque parola è poesia? Vi rispondo con l’esperimento che ho fatto
Un esperimento di intelligenza artificiale e poesia
Il mercoledì sera faccio sempre delle dirette su instagram, leggendo poesie per le persone. Ho provato a far scrivere le poesie, in diretta, a chat GPT. Il risultato è stato sorprendente. La chat era infatti capace di compiere con estrema precisione i compiti che le assegnavo, ma solo se rimanevano nell’ambito di un linguaggio semplice. Se le dici di scrivere una poesia sul mare te la scrive. Ma se le chiedi di scrivere una poesia “bella” te la scrive esattamente come se le chiedi di scrivere una poesia generica.
Inoltre siamo ancora a una fase iniziale, forse migliorerà nel futuro. Se infatti le chiedi “scrivi una poesia in rima in endecasillabi divisa in terzine” non è capace di fare le rime, né di dividere il testo in terzine, né di rispettare gli endecasillabi. Almeno in italiano. In inglese riesce un po’ meglio.
Il risultato è stato comunque un insieme di versi banali, che le persone definivano “ripetitivi”, “senz’anima”, o facevano notare come spiegassero le cose.
Conclusione
Qual è la conclusione di tutto ciò? Essenzialmente che l’intelligenza artificiale può essere considerata dagli artisti e dai poeti come uno strumento, proprio come fosse un pennello o un personal computer su cui scrivere i propri versi. E come ogni strumento richiede una capacità. Bisogna imparare ad usarla. Ma non basterà l’intelligenza artificiale per far diventare artisti delle anime vuote, o dei poeti chi naviga in superficie.
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