Gli Aristogatti non piacciono alla censura del politicamente corretto e Disney Channel. Così come non piacciono Peter Pan e Dumbo.
Perché? Ce lo spiega il sito della Disney: negli Aristogatti un gatto viene rappresentato “come una caricatura razzista degli asiatici”. Dumbo ridicolizerebbe la schiavitù. Peter Pan usa la parola “pellerossa”.
Qualcuno vuole una generazione futura spaventata dall’uso della parola “pellerossa”, terrorizzata dalla descrizione scherzosa di un asiatico, silente su ciò che è stata la schiavitù negli Stati Uniti d’America.
Che poi allora a ben guardare anche Romeo, che nella versione inglese si chiama “Thomas O’Malley”, è uno stereotipo di irlandese. Ma degli irlandesi ci si può prendere gioco. Di un asiatico o di un africano no.
Senso di colpa anche negli Aristogatti?
Il senso di colpa per ciò che gli americani hanno fatto durante il periodo della schiavitù – fatto estraneo all’Europa – pesa sulle spalle di tutti. Ma non si risolve innalzando la menzogna dell’uguaglianza, del “siamo tutti uguali” (grazie al cielo siamo tutti diversi), ma partendo dall’empirica realtà.
Ci rendiamo conto della gravità di quello che sta succedendo? Un pensiero unico totalizzante sta stendendo i suoi tentacoli dappertutto. Se vengono censurati questi cartoni animati, allora ha senso cancellare – come ha fatto la HBO – Via Col Vento, perché racconta la schiavitù.
Il passo successivo sarà non far leggere la Divina Commedia perché Dante era omofobo e razzista: mandava all’inferno quelli che in quell’ora erano considerati sodomiti e pagani.
Poi via via cancelleremo ogni traccia di ciò che è stato. Anzi, lo stanno già facendo.
Perché?
Perchè questo debolissimo pensiero contemporaneo fondato sulla menzogna dell’uguaglianza non potrebbe mai reggere al confronto con il passato. Cancellare la diversità, o considerarla per forza una gerarchia, ha come unica conseguenza l’impossibilità di indagare la verità.
Se la soluzione al razzismo è vietare gli Aristogatti ai bambini e educarli con slogan, beh, abbiamo davvero imboccato la strada sbagliata.
Serve cultura, tanta cultura per non cadere nelle censure di questa terribile cultura della cancellazione.
E guardare gli Aristogatti, oggi, è un gesto rivoluzionario.
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