Debunking. Un’orrenda parola inglese che racchiude però ciò a cui oggi siamo continuamente chiamati: smascherare le notizie false (per favore, non chiamiamole “fake news”) per metterci nelle condizioni di cercare la verità.
Su internet si trova tutto. Ma veramente tutto. Qualunque improbabile notizia inventata o teoria complottista su internet c’è. Sono tutte vere? Ovviamente no.
Giusto qualche esempio. Sul Corriere della Sera, che dovrebbe essere uno dei più autorevoli quotidiani italiani, è uscita la notizia che Flavio Briatore avrebbe intralciato il traffico a Milano con la sua Rolls Royce.
Peccato solo che, come ha precisato Flavio Briatore, lui non era lì, quella macchina non era sua ma di un altro che secondo qualcuno gli assomiglia.
Niente “debunking”, nessuno che dentro al Corriere si sia posto il problema di fare “debunking”, di verificare se il video che postavano era vero o falso, nessuno scrupolo a verificare i fatti.
Mons. Carlo Maria Viganò, come ripreso da Libero, sostiene che Netflix avrebbe pubblicato un inno a satana. Peccato solo si trattasse di una bufala clamorosa. Una bufala così grande che sarebbe bastato guardare con attenzione l’oggetto in questione per capire che era una burla di qualche ragazzetto che aveva pure lasciato la “firma”.
Eppure in tanti siti si sono accodati a questa notizia non smascherata chiedendo di boicottare Netflix.
Si potrebbe andare avanti, perché ogni giorno avvengono fatti del genere. Ma se il più importante quotidiano italiano e un illustre monsignore cadono in queste trappole, quanto ciascuno di noi è a rischio? Che probabilità ci sono che abbiamo più strumenti di loro?
E che succederà quando i deepfake invaderanno veramente la rete? Chi sarà più capace di distinguere la verità da una notizia falsa?
Oggi la ricerca della verità implica il coinvolgimento di un’altra parola: Bellezza. Solo l’arte e la poesia oggi possono fornirci la strada giusta per cercare la verità.
L’arte e la poesia sono la miglior forma di debunking che esista.
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