Sepulveda è morto, portato via dal coronavirus. La notizia mi ha fatto sentire dentro come un buco, la consapevolezza che non potrò mai più chiudere una parentesi che avevo aperto.
L’ho incontrato una volta sola, al salone del libro di Torino. Quando gli ho chiesto se la poesia, la letteratura e la Bellezza possano ancora salvare il mondo, lui mi ha risposto “il mondo lo salvano le persone, gli esseri umani nelle strade, partecipando socialmente”.
È stata la risposta più deludente della mia vita. Come poteva rispondermi così? Proprio a me, che considero la politica utile come un commodore 64 nella Sylicon Valley. In un attimo Sepulveda mi era piombato dall’essere un gigantesco scrittore a un Saviano qualunque. Cosa potevo pensare di un artista che non crede che la Bellezza può salvare il mondo ma invita invece a far politica? Lo dovevo mettere sullo stesso piano di gente come la Murgia, che dice di scrivere ma in realtà occupa l’arte per fare semplicemente politica?
Sono andato via e stavo male. Come poteva l’autore di “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” avermi dato una risposta del genere? Come poteva un uomo capace di intingere la penna alla fonte della Bellezza e di tracciare nella realtà solchi di infinito rispondermi così?
Va bene che era cresciuto comunista tanto da finire addirittura a formarsi in Unione Sovietica. Va bene che era stato un guerrigliero marxista-leninista in Bolivia e poi aveva aderito alle Brigate Internazionali Simon Bolivar in Nicaragua. Forse ha anche ucciso in nome del comunismo?
Per tutto questo non potevo stimarlo. Anche se nel suo essere il mio opposto suscitava in me una qualche forma di fascino. Ma lui aveva scritto “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”. Chi ha scritto qualcosa del genere non può non capire che è la Bellezza, e non l’impegno armato, che sta salvando il mondo.
Avrei voluto trovare il modo di riprendere il discorso con lui. Evidentemente non sarà più possibile.
Ma io voglio crederlo. Che al di sotto della scorza da guerrigliero comunista con cui si era coperto quella Bellezza che è riuscito a mettere per iscritto lo abbia salvato.
Ciao, Sepulveda.
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