Umanità: quella che c’era fra don Camillo e Peppone, quella che c’è nel cuore di ogni italiano che discende dai romani e dalla loro “humanitas”.
Sembrava scomparsa in questa repubblica in cui tutto si fa bianco e nero, in cui si deve per forza odiare l’avversario. In questa repubblica in cui i centri sociali vogliono zittire la manifestazione della Lega al PalaDozza.
Vauro è comunista. Er Brasile ha tatuato addosso Hitler e Mussolini. Stavano per venire alle mani al programma Dritto e Rovescio di Paolo Del Debbio. Poi Vauro ha steso una mano, ha chiesto di incontrarlo. Non come un comunista incontra un fascista. Ma come un essere umano incontra un altro essere umano.
Difficilmente mi trovo d’accordo con quello che sostiene Vauro. Mai potrei essere d’accordo con chi si tatua addosso Hitler.
Ma il loro gesto mi ha mostrato come noi italiani possiamo ancora salvarci. Perché dentro abbiamo avuto in eredità tanta umanità. Tanta capacità di riconoscere nell’altro un pezzo di noi.
Anche quando l’altro è brutto e cattivo ai nostri occhi. Anche quando l’altro è tutto ciò che combattiamo. Perché prima di ogni altra cosa nell’altro c’è la nostra umanità.
Dobbiamo re-imparare a distinguere fra due cose: lo scontro delle idee e l’umanità che ci sta di fronte. Può essere bello confrontarsi e scontrarsi su qualsiasi tema. E non si deve per forza odiare chi abbiamo di fronte. è possibile. Ce l’hanno dimostrato Vauro e “er Brasile”. Ma ce lo aveva raccontato bene Guareschi.
Guareschi è l’autore che più di ogni altro ci ha insegnato questo, raccontandoci quella dinamica di amicizia e scontro fra don Camillo e Peppone. Bisognerebbe portarlo nelle scuole, farlo leggere ai più giovani. Perché la nuova generazione sia migliore di questa e sia capace di affrontare la diversità ad occhi aperti, a testa alta e senza paura del conflitto. Ma con tanta umanità.
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