Capitolo V – Sull’amaca
‘Tu non sei pazzo. Tu hai solo il coraggio di guardare ciò che gli altri non vogliono vedere’. Le parole di quella ragazzina si sono piantate a fondo nella mia mente. Che non ha smesso di lavorare. Ho lasciato la spiaggia e nella faticosa salita battuta dal sole che dal pontile porta verso Capoliveri l’ho rivisto. Quell’essere degli inferi che mi aveva seguito l’altro giorno si è nascosto un cespuglio di mirto in mezzo alla macchia mediterranea e ha piantato di nuovo quegli occhi carichi di cattiveria su di me. Questa volta sembrava a torso nudo, ricoperto di una fitta peluria. Avrei voluto rivolgergli la parola ma non ne ho trovato il coraggio e ho invece accelerato il passo. Lui sembra non mi abbia seguito, come se con la sua presenza mi volesse solo dire: ‘Stai attento, ti scruto’. Sono tornato a casa e mi sono steso sull’amaca in giardino in mezzo agli odori del Mediterraneo per abbandonarmi ai pensieri, leggendo un libro. E una domanda mi è emersa davanti agli occhi: chi è realmente pazzo? Io che uso gli occhi per vedere questi spiriti o quelli che li usano per far esplodere le caramelle di candy crush tutto il giorno? Avrei potuto trovare una risposta a quella domanda ma ho sentito un rumore nella siepe del giardino. E di botto davanti ai miei occhi è apparso molto chiaramente quel bambino con le gambe da capra. Io sono sobbalzato sull’amaca. Ma guardando bene ho notato che aveva tutto il corpicino coperto di graffi e ferite e sul suo viso dolce c’era un occhio tumefatto. ‘Ehi che ti è successo?’ ho chiesto preoccupato. ‘Devi sbrigarti’ mi ha risposto lui con una voce angelica ma provata dal dolore, ‘sono venuto sin qui per dirtelo: non c’è più molto tempo. Vai e salvala’. ‘Chi?’ ho chiesto io quasi disperato. ‘Non c’è bisogno che te lo dica. Lo sai. E ora basta parole. Servono fatti’. E mi sono ritrovato lì sull’amaca, a guardare negli occhi una specie di satiro con il corpo mezzo scarnificato. Che sia il caso di iniziare a prendere davvero la cosa sul serio?
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