Le dieci parole in romagnolo che tutto il mondo ci invidia. Parte seconda
Dieci parole in romagnolo tutto il mondo ce le invidia. E infatti mezzo mondo le ha lette. Ma altre dieci parole romagnole bisognerebbe che tutto il mondo le conoscesse. Parole intraducibili in qualunque altra lingua che racchiudono i segreti della meravigliosa terra di Romagna.
Ecco allora altre dieci parole in romagnolo che tutto il mondo dovrebbe conoscere
Amarcord. I romagnoli se sono ben imbottiti di cappelletti vincono i premi Oscar. Grazie a quell’Oscar di Fellini tutto il mondo ha conosciuto la parola “Amarcord” che tecnicamente poi non è una sola parola. Ma un unico verso che apre il cuore alla malinconia di un passato fatto di campagna, tradizioni fantamillenarie ed emozioni incontenibili che esplodono come solo in Romagna si può fare.
Ciò. “Ciò” vuol dire tutto e non vuol dire niente. All’inizio di una frase mette l’interlocutore sul chi vive, come uno schiaffetto dato sul naso. Se però viene messo dopo “oi” io non saprei proprio più come tradurlo in altre lingue. Eppure lo saprei usare. Tu come lo tradurresti?
Zembal. Il Zembal (cembalo) è uno stupido. Verrebbe da pensare che essendo il “cembalo” uno strumento musicale, chi viene chiamato “cembalo” si sottintende che sia un suonato.
Cosp. Se qualcuno ti dà del “cospo” letteralmente ti sta dicendo che sei uno zoccolo. Ma non è un epiteto, come potrebbe pensare qualcuno, rivolto alle donne a cui declinare al femminile il termine italiano. Semplicemente un cospo è un affare brutto e duro. Proprio come la testa della persona a cui si vuole dare questo nome
Bastérd. Il termine “bastardo” esiste in tutte le lingue. Ma l’uso che se ne fa in romagnolo è del tutto singolare. In alcune zone (in particolare nell’imolese e nel forlivese) vengono chiamati “bastérd” bambini e ragazzini. Unica è la scena del vecchietto che affacciandosi sulla culla di una neomamma non romagnola, esclama “Ac bel bastérd!”. Salvandosi dalle botte solo grazie ai capelli bianchi.
Invurnì. Un invornito è uno stordito, un intontito, un addormentato. E i romagnoli semplicemente non lo possono sopportare.
Òscia. Letteralmente “ostia”, a volte declinato al plurale “osci”. Non è un augurio di andare nella nota località del litorale romano, ma una esclamazione che ricorda sempre l’ambivalente rapporto del romagnolo con la sfera del sacro.
Paciùg. Forse dal tardo latino “patuzum”, fanghiglia. Per dire che hai fatto della confusione. A ricordo del legame indissolubile tra il romagnolo e la terra.
Ciabòt. Gran confusione. Risuona un desueto termine francese “jabotage”, che significa cicaleccio. Perchè il francese non è altro che il romagnolo con qualche “avec”.
Nove parole in romagnolo che tutto il mondo ci invidia. E la decima?
LEGGI LE PAROLE ROMAGNOLE CHE TUTTO IL MONDO CI INVIDIA PARTE I
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