Giorno del ringraziamento in Italia: se hai un braccio rotto ringrazia per quello sano
Se tutti imparassimo a dire grazie saremmo tutti molto più felici.
In America il giorno del ringraziamento, il “Thanksgiving Day”, è una festa straordinariamente sentita: si sta in famiglia, si mangia il tacchino e le altre specialità e ci si inizia a proiettare verso il Natale. Ogni americano sa quanto è importante festeggiare e ringraziare Dio.
Il motivo? “è il dovere di tutte le Nazioni riconoscere la provvidenza di Dio Onnipotente e obbedire alla sua volontà, di essere grati per i suoi benefici e di implorare umilmente la sua protezione e il suo favore”. Lo ha detto un Papa? No. Lo ha detto il presidente americano George Washington nel 1789 istituendo la festa del ringraziamento.
Ringraziare fa bene. Aiuta ad uscire da se stessi ed a sentirsi parte di qualcosa di più grande, di una collettività, di una comunità, di una realtà che non è contenuta nel nostro ego. Ma ringraziare costa molto. Perchè il nostro cervello produce continuamente delle scuse per non farlo. Lui è fatto così, ci vuole sempre proiettati ad ottenere di più e non ci fa fermare a gioire di ciò che abbiamo. Se abbiamo un braccio rotto ci fa pensare “che sfortuna, ho un braccio rotto”. E non “ho un braccio sano e due gambe funzionanti. Grazie!”.
Nello Stivale non siamo molto bravi a dire grazie. Forse per questo il giorno del ringraziamento in Italia non è sentito per niente. Ne esiste una forma religiosa istituita negli anni “50 che non è molto sentita neanche nel mondo cattolico.
Ecco perchè servirebbe, al di là delle appartenenze religiose, un giorno del ringraziamento in Italia. Ma vero. Che ci faccia dire grazie per la stupenda nazione che siamo, per gli splendidi posti in cui viviamo, per la straordinaria storia che portiamo nel sangue. E per tutto quello di cui ciascuno possa ringraziare.
Io il mio giorno del ringraziamento in Italia la inizio così: dicendoti grazie per avermi letto. Tu per cosa vuoi dire grazie?
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