Essere cristiano per me significa essere sempre felice. Ma non di quella felicità facile e spesso posticcia che si ha appena finito di mangiare un piatto di cappelletti al ragù, o appena si è sfamato l’appetito del basso ventre. Quella felicità lì ce l’ha anche il gatto di mia cognata e non è particolarmente complesso costruirla. Però dura un attimo, perché già quando passano all’intestino crasso i cappelletti non danno più molta felicità, né rende particolarmente appagati l’oggetto del desiderio che chiude la porta per andarsene.
Per me essere cristiano significa avere sempre a disposizione una felicità che è piantata molto più profonda dentro il mio corpo, la mia mente e la mia anima. Sono felice perchè qualunque cosa succeda la comparo a Dio. Nella mia vita hanno bussato alla porta tanti ospiti non proprio graditissimi: la malattia, l’agenzia delle entrate, la fine di un rapporto molto importante, il lutto e persino la morte, che presto o tardi tornerà a bussare più forte. Ma ho la consapevolezza che per quanto sgraditi ospiti possano fare capolino, altri ospiti molto graditi sono sempre a mia disposizione: la serenità, la pace, la gioia, l’abbraccio di Dio… Sono strumenti pronti al mio servizio se solo distolgo gli occhi dal me stesso più superficiale e li pianto nel me stesso più profondo, là dove la mia identità si fonde con quella del Creatore dell’Universo, che tiene insieme il mondo con la sua logica “che move il sole e l’altre stelle”.
E bada bene che sono molto lontano dall’essere un superuomo o una persona particolarmente dotata. Puoi essere felice anche tu.
Paolo Gambi