Salone del libro di Torino: riflessioni sulla cultura in Italia

Salone del libro di Torino: ci sono stato. Era la mia prima volta e confesso che avevo aspettative piuttosto alte. Mi aspettavo uno spazio di libertà dove la bellezza della letteratura e la magia dei libri potessero volare alte. Perché la cultura è l’unico strumento che può darci uno sguardo d’insieme sulla realtà e toglierci dalla povertà dei nostri singoli punti di vista.

La cornice delle polemiche politiche certo non aiutava a godersi il salone del libro di Torino. Non mi interessa la politica, o meglio preferisco non scriverne in quest’epoca di tifo. Eppure tutto il salone era impregnato di questa logica.

Ho trovato dappertutto una cultura fortemente militante, tutti costretti a prendere posizione. Uno dei membri del comitato editoriale, Valeria Parrella, ha paragonato il salone del libro al gay pride e al concerto del 1 maggio, dando per scontato che sia una manifestazione della sinistra, quindi politica. D’altra parte tutti i membri del comitato editoriale sono attivisti o riconducibili ad una sinistra radicale. La stessa Parrella ha dichiarato che il salone prende la distanze da “tutti i contenuti che incitano all’odio razziale, di discriminazione”. E infatti il primo stand che ho incontrato all’ingresso era quello di uno stato degli Emirati arabi ripieno di donne coperti da veli.

Battute o meno a parte, purtroppo anche la stragrande maggioranza dei relatori era riconducibile a una logica politica. Saviano, la Murgia, Pif, Erri De Luca… E tutti, persino quando si parava di fumetti, dovevano mettere almeno una battuta di politica. Cioè, l’impressione finale che ne ho avuto è che in Italia per essere uno scrittore e un uomo di cultura uno DEBBA necessariamente essere un militante politico, e lo debba fare a sinistra della sinistra.

Spazio per la Bellezza, il mistero dell’arte e della letteratura, per la mistica della parola pare non ce ne sia. D’altra parte me lo ha confermato anche Luis Sepulveda. Quando gli ho chiesto se la poesia, la letteratura e la Bellezza possano ancora salvare il mondo, lui mi ha risposto “il mondo lo salvano le persone, gli esseri umani nelle strade, partecipando socialmente”.

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E quindi che spazio può esserci per chi sinceramente dedica la propria vita a ricercare l’Arte, la Bellezza e il Mistero fra le pieghe della parola? Che spazio c’è per chi, come Dostojevskij, crede che non sia la politica, ma la Bellezza a salvare il mondo? Nessuna. Perché non schierarsi per quella logica significa già schierarsi dall’altra parte.

Al salone del libro di Torino probabilmente non verrò mai invitato a presentare un mio libro, a meno che non mi metta a fare il militante politico. A questo l’Italia potrà facilmente sopravvivere. Ma potrà sopravvivere anche a se stessa, se ha dimenticato che il meglio di sé lo ha dato quando, in epoche che si allontanano sempre più, ha creato grandi spazi di libertà per i propri artisti?


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